Continua il dibattito per individuare il motore della tettonica a placche. Un nuovo modello indica che sarebbero principalmente le placche litosferiche a trascinare il mantello terrestre
Sono le placche tettoniche che si muovono grazie alla spinta del mantello terrestre, o è il mantello a essere trascinato dalle placche in movimento? Il dubbio c’è ancora, ma alcuni ricercatori dell’École Normale Supérieure di Parigi, del Centre national de la recherche scientifique e dell’Università degli Studi Roma Tre, propongono ora su “Science Advances” di superare la classica opposizione fra la spinta esercitata dal mantello o il trascinamento da parte delle placche e di considerare placche e mantello come un sistema unico. Partendo da questo approccio, le loro simulazioni li hanno infatti portati a concludere che è principalmente la superficie terrestre a guidare i movimenti del mantello, sebbene questa dinamica non sia fissa nello spazio e nel tempo.
L’ipotesi di una “Terra mobile” fu formulata per la prima volta da Alfred Wegener nel 1915, che spiegò l’attuale disposizione delle terre emerse attraverso la teoria della deriva dei continenti. Ma la teoria del geologo e meteorologo tedesco fu inizialmente accolta con forte scetticismo e già all’epoca mancava un qualcosa di fondamentale per chiudere il cerchio: qual è la forza che spinge i continenti? Wegener non riuscì a trovare una risposta, ma la sua teoria fu riconsiderata negli anni Sessanta quando, grazie a una mappatura del fondale oceanico, si arrivò a scoprire che il pavimento degli oceani non è fisso, ma in continua evoluzione. Queste prove portarono alla formulazione di una nuova teoria: la tettonica a placche.
La teoria spiega i grandi fenomeni geologici, come terremoti, eruzioni vulcaniche, espansione dei fondali oceanici e formazione delle montagne, basandosi su un’idea fondamentale: l’involucro più esterno della Terra, la litosfera (fatta da crosta e parte sommitale del mantello) è costituito da un mosaico di placche, accostate l’una all’altra e in reciproco movimento, che galleggiano come delle zattere sullo strato sottostante di mantello (l’astenosfera).
Rimane ancora aperto però il dibattito su quale sia il motore che aziona il movimento. Sono le fredde e rigide placche litosferiche che scivolando sul caldo mantello della Terra lo trascinano oppure è il mantello, che con i suoi moti convettivi, aziona come un nastro trasportatore il movimento delle placche? Nonostante molti elementi facciano pensare che siano i moti convettivi del mantello a innescare il movimento delle placche, la questione è tutt’altro che vicina alla definitiva risoluzione.
Ed è in questa molteplicità di ipotesi che si inserisce l’approccio globale da cui è partito il team italo-francese. Forse ci si è sempre posti la domanda sbagliata. Forse le placche potrebbero essere considerate come la parte superiore del mantello in lento movimento.
Per far luce sulle forze in atto, i ricercatori hanno trattato la Terra come un unico sistema e hanno sviluppato il più completo modello dell’evoluzione di un pianeta immaginario, molto simile alla Terra, fino a ora realizzato. Il modello, basato su appropriati parametri come i modi di riscaldamento e di scorrimento e la presenza dei continenti, ricostruisce l’evoluzione di un pianeta di circa un miliardo e mezzo di anni.
Il lavoro del team ha mostrato che due terzi della superficie terrestre si muovono più velocemente rispetto al sottostante mantello. Il risultato suggerisce che in queste aree sono le placche litosferiche a trascinare il mantello. I ruoli però sono invertiti nel terzo di superficie rimanente e questo equilibrio di forze cambia nel tempo, soprattutto per le aree continentali. I continenti renderebbero quindi la superficie terrestre più sensibile ai flussi del mantello.
Inoltre, sembrerebbe che le placche vengano trascinate principalmente da movimenti profondi del mantello durante le fasi di costruzione dei supercontinenti, come per esempio nella collisione fra la placca indiana e quella eurasiatica, che ha dato origine alla catena dell’Himalaya e continua a convergere. Al contrario invece, il movimento che porta alla frammentazione di un supercontinente e l’apertura di un oceano, sarebbe guidato dalle placche che affondano nel mantello, trascinandolo.
Nonostante le informazioni che emergono dalle simulazioni del gruppo italo-francese, il dibattito su quale sia il motore della tettonica delle placche rimane ancora aperto. I dati però aumentano e forse, come per la teoria di Wegener, è solo questione di tempo prima di venirne definitivamente a capo.