NATO SPONTANEAMENTE IN POCHE ORE, IL GRUPPO FACEBOOK RISORGIAMO ITALIA – HO.RE.CA UNICA AGGREGA MIGLIAIA DI RISTORATORI, CHEF, IMPRENDITORI DELL’ENOGASTRONOMIA E DEL FUORICASA ITALIANO. OBIETTIVO: IMPORRE ALL’ATTENZIONE DI GOVERNO E ISTITUZIONI UN MONDO CHE SEMBRA SCOMPARSO DAI MEDIA UFFICIALI E CHE RISCHIA DI VENIRE DECIMATO DA UNA CHIUSURA FORZATA E DA COSTI NON PIÙ SUPPORTABILI.

David Ranucci è un imprenditore che da Milano ha cominciato a costruire un brand focalizzato sulla pizza romana, Pizzottella, affidata all’estro di Jacopo Mercuro; Paolo Bianchini è un ristoratore viterbese (Al Vecchio Orologio); Mirko Zuffi è un imprenditore dell’horeca (EGO service). Parlando, in questi giorni di preoccupazione e di frenetici contatti, hanno notato come di tutto si parlasse sui media ufficiali, tranne che della ristorazione, fiore all’occhiello del marchio Italia e grande traino del Pil del nostro Paese e della filiera agroalimentare. E hanno deciso che fosse ora di far qualcosa.

Il flasmob del 28 aprile alle ore 21: riapertura simbolica dei ristoranti
Nel giro di due giorni hanno raccolto oltre migliaia di imprenditori del mangiare fuoricasa e hanno lanciato un’iniziativa: battere un colpo. Per dimostrare che la ristorazione italiana è viva e vuole continuare a vivere. Così alle 21 del 28 aprile per la prima volta dopo quasi due mesi di chiusura forzata i ristoranti italiani alzeranno le loro saracinesche, accenderanno le luci e apparecchieranno un tavolo di fronte alle loro insegne. Una sorta di flash mob nazionale per riportare l’impresa del mangiare fuoricasa (ristoranti, pizzerie, bar, gastronomie, gelaterie, pasticcerie…) di cui molto poco si parla, all’attenzione di tutti, media e politici in primis. “Invece di abbassare le saracinesche come avviene di solito nelle proteste dei commercianti” dice Bianchini “noi le alzeremo invitando il Governo a prendere subito in considerazione misure a sostegno di uno dei comparti della nostra economia tra i più strategici, onde evitare che tanti di noi non avranno più la possibilità di alzarle di nuovo perché falliti”. Una protesta al limite delle norme visto che uscire di casa per andare a tirar su simbolicamente la clèr non può essere una attività così facilmente autocertificabile. Ma per una protesta simbolica i ristoratori hanno deciso evidentemente di correre qualche piccolo rischio. “Il giorno dopo i ristoratori di tutta Italia andranno a consegnare le chiavi dei loro locali ai rispettivi sindaci in segno di richiesta di aiuto e di sostegno, affinché l’accensione delle luci della sera prima non sia l’ultima”.

Solidarietà da Vino e Olio
Le adesioni all’iniziativa sono cominciate a fioccare via Facebook sul gruppo Risorgiamo Italia – Ho.Re.Ca Unita e nel giro di poche ore sono diventate migliaia, oltre mille sono in arrivo dalla Puglia e altre dalle Marche e centinaia e centinaia da tutt’Italia continuano ad aggiungersi al gruppo associazioni e movimenti locali di imprenditori della ristorazione: un mosaico di storie e di preoccupazioni che raccontano bene il caleidoscopico mondo del mangiare fuoricasa italiano, fatto di storie, di passioni e oggi – in tempi di Coronavirus – di preoccupazioni e ansie legate all’incertezza per il futuro (che ancora non si riesce a vedere) e al rischio di soffocamento delle loro imprese che non riescono a sostenere i costi di una chiusura infinita.

A sottolineare l’importanza e la coralità dell’iniziativa, il fatto che siano molti i produttori e le associazioni legate al mondo del vino e dell’olio ad aver aderito, consapevoli che la ristorazione è un traino importante per tutta la filiera. “Supportiamo tutte le iniziative che auspicano la ripartenza in tempi brevi e portano all’attenzione le difficoltà che le imprese del settore ospitalità e food & beverage devono e dovranno affrontare” spiega Emiliano De Venuti, CEO di Vinòforum “Ristoranti, pizzerie, enoteche, alberghi sono una parte fondamentale del tessuto economico e sociale del nostro Paese. Non possono e non devono essere dimenticati: è fondamentale che le istituzioni sostengano con risorse immediatamente disponibili un comparto che rappresenta oltre il 30% del PIL Nazionale”.

“La mia azienda, Ione Zobbi produce gli oli monovarietali molto particolari proprio per la ristorazione” afferma Paolo Borzatta, titolare di I&P a Canino “Credo infatti che l’enogastronomia sia non solo un settore strategico e chiave per il nostro Paese, ma uno dei suoi pilastri. L’Italia è una delle due sole superpotenze culturali esistenti (l’altra è la Cina) non solo per il suo patrimonio monumentale e artistico, ma anche per la sua filosofia di vita. Se vogliamo riuscire a far rinascere il nostro Paese dobbiamo cominciare da qui”.

Rischio di incertezza e sfiducia
“Tutto il nostro comparto è in ginocchio. Non c’è luce all’orizzonte e la fiducia in chi ci governa sta venendo meno così come il senso di comune appartenenza all’Europa. Il settore turistico è completamente abbandonato a sé stesso!” esclama Claudio Melis, chef di In Viaggio a Bolzano. “La pazienza sta arrivando al limite e il senso di impotenza logora anche la più ottimistica delle attitudini. Che questa crisi serva almeno per prendere coscienza di uno stato di cose e ci aiuti a far sentire anche la nostra voce. Possiamo filosofare quanto ci pare sul come sarà o sul come saremo, io dico semplicemente quello che vedo non mi piace e non mi sta bene!”.

Gli fa eco Miriam Mareschi, titolare della Piazzetta del Sole di Farnese (VT): “Risorgiamo Italia. Un augurio, un invito, un monito” spiega “Dietro quello che, apparentemente, può suonare come uno slogan dal sapore un po’ retorico, c’è in realtà una preoccupazione ma anche un manifesto propositivo. Un punto fondamentale di partenza: la ristorazione è legata a alla parola ‘godimento’, qualcosa che il PIL da solo non misura. La ristorazione è sì impresa, ma anche e soprattutto un momento di socialità, di condivisione, di vero e proprio piacere. Parametri che non possono essere misurati matematicamente ma che costituiscono la vera cifra del nostro lavoro. Poi” continua “ci sono gli aspetti economici: se dovranno diminuire i clienti, come potremo sostenere le spese fisse se proporzionalmente non diminuiranno anche quelle? Se avremo il 50% di clienti in meno per garantire il distanziamento sociale, come potremo affrontare tasse, tributi, mutui, oneri vari se questi non verranno adeguati alle future presumibili entrate? Non penso che la ristorazione meriti un occhio di riguardo, ma che debba essere considerata, proprio nell’immediato futuro, come parte di un sistema più ampio che rischia di spegnersi a cascata”.