la sensitiva Sylvia Browne avrebbe predetto, per il 2020, il diffondersi di «un’epidemia di una grave malattia simile alla polmonite […] refrattaria a ogni tipo di cura». L’epidemia, secondo la Browne, dopo aver «provocato un inverno di panico assoluto», scomparirebbe per poi ripresentarsi dopo 10 anni rendendo «difficile scoprire la sua causa e la sua cura». I brani sarebbero presenti nel libro “Profezie. Che cosa si riserva il futuro” pubblicato nel 2004.

Sylvia Browne, autrice che compare sulla copertina del libro e a cui viene associata la previsione, è stata una figura particolarmente discussa negli Stati Uniti (e non solo).

Morta nel 2013, Browne si era autoproclamata una sensitiva in grado di andare indietro nel tempo, entrare in contatto con gli spiriti dell’aldilà e prevedere eventi futuri. Come riporta tra gli altri il Guardian, Browne è stata però oggetto di dure critiche negli anni della sua attività, ad esempio per aver fornito a genitori di bambini scomparsi informazioni (circa la vita o la morte dei bambini) rivelatesi poi totalmente scorrette.

Nel 2010 il Committee for Skeptical Inquiry (Csi) – corrispettivo americano del Comitato italiano per il controllo delle affermazioni sulle pseudoscienze (Cicap) – ha pubblicato un report che analizzava la correttezza delle previsioni pubbliche fatte da Browne. In nessun caso (sui 115 totali) le previsioni sono risultate utili a polizia o familiari dei dispersi e in 25 casi si sono rivelate del tutto false.

Browne, autrice della “profezia” sul coronavirus, era insomma una celebre sensitiva le cui previsioni si però rivelate molto spesso scorrette o inesatte.

Il libro

La foto diffusa in lingua italiana in cui si parla di una «grave malattia simile alla polmonite […] che sarà refrattaria a ogni tipo di cura» e che si diffonderà «entro il 2020», non include il numero della pagina. La versione della previsione che è circolata in lingua inglese, di cui hanno scritto i colleghi di Snopes.com, sì (è a p. 312).

In entrambi i casi la previsione per il 2020 è parte di un elenco a punti, anticipata da un’altra previsione in cui si parla di un’altra patologia che potrà essere guarita grazie ad «un’associazione di corrente elettrica e calore elevatissimo».

La parte di testo che contiene la previsione è riportata all’interno del libro End of Days. Predictions and Prophecies About the End of the World, pubblicato negli Stati Uniti nel 2008. In questo testo e in Prophecy. What the future holds for you pubblicato dalla Browne nel 2004, sono riportate – come scritto il 5 marzo da Chris Dufresne (figlio della Browne) sulla pagina Facebook Sylvia Browne Group – una serie di “profezie” che riguardano, tra le altre cose, anche la diffusione di virus simili all’attuale coronavirus Sars-Cov-2.

La versione italiana proviene probabilmente da un testo pubblicato da Mondadori nel 2012 che sembra riprende il titolo della pubblicazione del 2004 (Profezie. Che cosa ci riserva il futuro) ma raccoglie all’interno materiali scritti da Browne in entrambi i libri. Quella riportata in foto, in particolare, proviene – come visto – dal libro End of Days pubblicato nel 2008.

L’analisi della previsione

Guardiamo ora più da vicino i contenuti della previsione e confrontiamoli con quanto sappiamo sul Sars-Cov-2. La “profezia” appare meno precisa e meno inspiegabile di quanto possa sembrare a una prima, rapida lettura.

Come scritto dai fact-checker di Snopes.com, la previsione della diffusione internazionale di una malattia respiratoria non è particolarmente sorprendente, ed era con ogni probabilità ispirata dalla cronaca recente, se si considera che la Sars (grave sindrome respiratoria acuta) si era diffusa in molti Paesi del mondo nel 2002, anni prima delle due pubblicazioni di Browne. Dunque la previsione viene fatta sapendo del possibile sviluppo di particolari virus respiratori, del rischio di una diffusione mondiale e, se nuovi, della difficoltà nell’individuare una precisa cura.

Notiamo poi che Browne aveva fatto riferimento ad una diffusione «entro il 2020» (nella versione italiana) e «attorno al 2020» (in around 2020) in quella inglese. La diffusione del nuovo coronavirus Sars-Cov-2 è avvenuta alla fine del 2019, tanto che la stessa malattia legata al virus viene identificata con l’espressione Covid-19. Utilizzare l’espressione «attorno al 2020» – come si legge nella pubblicazione in lingua originale – è vago e potrebbe potenzialmente indicare un arco di tempo che copre diversi anni (ad esempio, anche il 2016 o il 2023).

Vago è anche fare genericamente riferimento ad una patologia «simile alla polmonite». Come spiegava nel 2014 la Fondazione Umberto Veronesi, in Europa la polmonite veniva considerata «la prima causa di morte per infezione nel continente» vista la resistenza ai farmaci e le diverse forme di polmonite esistenti. Nel 2017, stando ai dati condivisi dal progetto Our World in Data dell’università di Oxford, più di 2,5 milioni di persone sono morte per la polmonite e un terzo erano bambini sotto i 5 anni. Andando indietro nel tempo, i dati ci forniscono informazioni fino al 1990: già allora le vittime erano più di 3,4 milioni.

Si tratta, quindi, di una patologia che da anni (e ancora prima della Sars) causa numerosi morti. Prevedere dunque che una malattia «simile alla polmonite» possa diffondersi e causare molte vittime è ragionevole, viste le informazioni che negli anni sono state raccolte sulla facile trasmissione, la difficoltà di cura e l’esito spesso mortale di questa patologia.

Confrontando, poi, ciò che al momento sappiamo sul nuovo coronavirus Sars-Cov-2 con la previsione di Browne, emergono alcune differenze. Nella previsione si parla, ad esempio, di una patologia «refrattaria ad ogni tipo di cura» ma, nella realtà, le cose non stanno così: di Covid-19 si guarisce. Browne ha poi fatto generico riferimento ad una patologia che colpirebbe «i polmoni e i canali bronchiali» quando invece la Sars-Cov-2 colpisce, nei soli casi più gravi (15 per cento), gli alveoli polmonari mentre nell’80 per cento dei casi si manifesta come una forma influenzale di diversa intensità che può causare sintomi tra loro diversi come febbre, tosse, naso chiuso, dolori muscolari, senso di spossatezza.

Stando a quanto previsto da Browne, già nel 2010 ci saremmo dovuti imbattere in un’infezione batterica trasmessa agli umani da acari microscopici provenienti da uccelli esotici. Non è successo.