Aria di rivoluzione in Iran. Dopo più di 40 anni di regime dittatoriale religioso, e dopo svariati moti insurrezionali spesso repressi con un bagno di sangue, ora siamo veramente all’epilogo.
Nel pomeriggio del 17 luglio si è svolto il raduno annuale della Resistenza iraniana, cui hanno partecipato i sostenitori di un Iran libero, i sostenitori della Resistenza iraniana e gli iraniani che vogliono il rovesciamento del regime religioso al potere in Iran. L’incontro online ha collegato iraniani in 30.000 località in Iran, ad Ashraf-3 in Albania e in più di 100 Paesi in 5 continenti. Inoltre, in conformità con le restrizioni imposte dalla pandemia di coronavirus, si è tenuta una grande manifestazione a Berlino e si sono anche collegati raduni e manifestazioni di iraniani in varie città del mondo.
Circa 1.000 personalità, tra cui leader politici, parlamentari, figure culturali e religiose hanno partecipato all’incontro, sostenendo la richiesta del popolo iraniano di rovesciare la dittatura religiosa e il piano in 10 punti della signora Maryam Rajavi per un futuro Iran.
La signora Maryam Rajavi, presidente-eletta del Consiglio Nazionale della Resistenza Iraniana (CNRI), ha iniziato il suo discorso alla manifestazione salutando la popolazione ribelle di Behbahan e i milioni di compatrioti che si sono sollevati in una tempesta di tweet a mostrare il loro sdegno per le disumane sentenze di morte contro giovani manifestanti arrestati durante la rivolta di novembre. La sera prima, la popolazione di Behbahan aveva organizzato proteste, cantato slogan contro il regime e affrontato l’assalto delle forze repressive.
Nelle sue osservazioni, la signora Rajavi ha evidenziato che secondo tutte le indicazioni la teocrazia dominante può ora essere rovesciata. Il popolo e la Resistenza iraniana sono impegnati a costruire un Iran democratico e libero. Ha detto: “Non cerchiamo il potere ad ogni costo, vogliamo libertà, giustizia e una repubblica democratica, laica e non nucleare. Il nostro popolo deve godere del diritto alla salute, a un alloggio, a un impiego, a organizzare e formare sindacati, all’autonomia delle minoranze etniche, alla pari partecipazione alla gestione degli affari della società, alla parità di genere e alla sovranità popolare, in un Iran dove non ci sarà la pena capitale”.
Ricordando che, finora, il coronavirus ha preso le vite di almeno 72.000 persone in Iran, la signora Rajavi ha dichiarato: “L’anormale tendenza in aumento del numero di vittime del coronavirus in Iran è un prodotto delle politiche criminali del [leader supremo dei mullah, Ali] Khamenei e del [suo presidente, Hassan] Rouhani. La strategia di lanciare vittime in massa come barriera contro la minaccia di una rivolta e del rovesciamento è esattamente progettata per pacificare e scoraggiare la società iraniana, rendendola senza speranza e paralizzata. Hanno rimandato le persone al lavoro senza offrire loro alcun aiuto nella prevenzione e nel trattamento. Allo stesso tempo, incolpano la popolazione per la diffusione del virus, sostenendo che non ha rispettato i protocolli igienici. I mullah hanno distrutto le basi sanitarie del Paese. Il ministro della Sanità del regime afferma che dallo scoppio della pandemia (a febbraio) soltanto a giugno per la prima volta sono stati forniti al ministero solo 300 milioni di euro. Questo significa solo 3,5 euro a persona per affrontare la pandemia. Questa somma esigua non può essere paragonata a quelle rese disponibili in qualsiasi altro Paese. Ma anche questo budget limitato è sprecato nei labirinti della corruzione pervasiva del regime, mentre le 15 istituzioni e fondazioni sotto il controllo di Khamenei hanno un patrimonio totale di mille miliardi di dollari”.
Riferendosi all’inizio del processo al diplomatico del regime clericale e ai suoi tre complici in Belgio per il complotto terroristico con esplosivi contro il raduno iraniano a Villepinte nel giugno 2018, Maryam Rajavi ha detto: “Per la prima volta, si tiene un processo a un diplomatico-terrorista in servizio. Tuttavia, anche i veri mandanti, vale a dire Khamenei, Rouhani, Zarif e il ministro dell’intelligence Mahmoud Alavi, devono essere perseguiti. Ciò è indispensabile per fermare il terrorismo sfrenato dei mullah”. Ha invitato tutti i governi e la comunità internazionale a schierarsi con il popolo iraniano, nell’affrontare la più grande minaccia alla pace e alla sicurezza globali.
Sono stati fra gli oratori della conferenza l’ex sindaco di New York Rudy Giuliani, il senatore Joseph Lieberman, Newt Gingrich, ex presidente della Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti, Stephen Harper, ex primo ministro del Canada, Sid Ghazali, ex primo ministro dell’Algeria, Pandeli Majko e Sali Berisha, ex primi ministri albanesi, Michèle Alliot-Marie, Giulio Terzi, John Baird, Anna Fotyga, rispettivamente ex ministri degli Esteri di Francia, Italia, Canada e Polonia, Riad Yassin e Khaled al-Yamani, ex ministri degli Esteri dello Yemen, e Jawad Anani, ex ministro degli Esteri della Giordania.
Diciotto legislatori statunitensi, tra cui il senatore McSally, il senatore Ben Cardin, il senatore John Cornyn, il senatore Todd Young, il senatore Mike Braun, il senatore Marco Rubio, il senatore Bob Menendez, il senatore John Boozman e i membri della Camera dei Rappresentanti Paul Gosar, Lance Gooden, Tim Burchett, David Trone, Tom Emmer, Don Bacon, Ralph Norman, Mario Díaz-Balart, sono intervenuti alla conferenza o hanno inviato messaggi.
Anche le seguenti illustri personalità si sono rivolte alla conferenza globale: il governatore Tom Ridge, ex segretario alla Sicurezza Interna degli Stati Uniti, Michael Mukasey, ex procuratore generale degli Stati Uniti, Louis J. Freeh, ex direttore dell’FBI, gli ex senatori statunitensi Kelly Ayotte e Robert Torricelli, Theresa Payton, direttore delle comunicazioni e dell’informatica alla Casa Bianca durante la presidenza di George W. Bush; senatori Lucio Malan ( FI ) e Roberto Rampi ( PD ) del senato italiano, Gilbert Mitterrand, presidente della Fondazione France Libertés; Rama Yade, ex ministro dei diritti umani della Francia; David Jones, ex segretario alla Brexit nel Regno Unito; Theresa Villiers, ex segretario di Stato per l’ambiente, l’alimentazione e gli affari rurali del Regno Unito; la baronessa Verma, ex ministro del Regno Unito e membro della Camera dei Lord; John Perry, ex ministro irlandese; Lulzim Basha, leader del Partito Democratico in Albania, Fatmir Mediu, leader del Partito repubblicano ed ex ministro della Difesa in Albania; Ahmed Al-Jarallah caporedattore del giornali kuwaitiano “Al-Seyassah”, Hoda Nasser dall’Egitto, Bassam Al Omoush ex ministro e ambasciatore giordano in Iran; Kimmo Sasi, ex ministro finlandese dei Trasporti e delle Comunicazioni; gli ambasciatori Robert Joseph, Lincoln Bloomfield e Kenneth Blackwell; dignitari come Ingrid Betancourt ex candidata alla presidenza colombiana, Linda Chavez, Patrik Kennedy; i membri della Camera dei Comuni britannica Matthew Offord e David Amess e il vescovo anglicano John Prichard; Luís Leite Ramos, vicepresidente del PPE al Parlamento europeo; Martin Patzelt e Thomas Nord del Parlamento tedesco, Philippe Goslen del Parlamento francese, James Bezan e Judy Sgro del Parlamento canadese, Michał Kamiński, vicepresidente del Senato polacco; Jean Francois Legaret, ex sindaco di Parigi 1; il generale James Conway, ex comandante del Corpo dei Marines degli Stati Uniti, i generali George Casey e Jack Keane, ex capo di stato maggiore ed ex vice capo di stato maggiore dell’Esercito degli Stati Uniti; Ad Melkert, ex rappresentante speciale del Segretario Generale delle Nazioni Unite in Iraq; Tahar Boumedra, ex rappresentante per i diritti umani dell’UNAMI in Iraq.