Estratti dall’intervista a Sergey Lavrov, Ministro degli Affari Esteri della Federazione Russa, per il documentario “Ponti per l’Oriente” (Mosca, 31 agosto 2024) – Ecco il video e la trascrizione del documento occultato dai media occidentali
Lei di recente ha affermato che Zelensky non si sarebbe mai risolto a invadere la regione di Kursk senza aver ricevuto un ordine da parte degli USA. Che cosa sta cercando di ottenere l’Occidente con tali azioni, così come attraverso la fornitura continua all’Ucraina di armamenti sempre nuovi e di soldati mercenari?
Sulla stampa stanno circolando notizie in merito a una presunta sostituzione di Zelensky. Qualora questo dovesse accadere, sarà finalmente possibile condurre dei negoziati con Kiev?
Per quanto riguarda lo scopo di chi ha organizzato la provocazione nella regione di Kursk, ovvero l’invasione da parte di unità naziste con un gran numero di mercenari che, forse, neppure sono mercenari, ma militari professionisti… ebbene, è stato già appurato che si parlano lingue straniere. Mi è difficile dire che idea ci fosse dietro alle azioni che hanno portato allo stato di cose attuale. I nostri colleghi occidentali hanno menti subdole. Talvolta, stravolgono tutto quanto a modo loro. Senza poi, comunque, ottenere nulla. Qual era l’intento dell’invasione dell’Afghanistan? Distruggere i terroristi. E com’è andata a finire? Con un fallimento e una fuga ignominiosa. Qual era l’intento dell’invasione dell’Irak? Eliminare le armi di distruzione di massa. Ma è risultato che non ce n’erano. Già da alcuni anni le autorità irakene e il parlamento chiedono agli americani di ritirare i residui contingenti armati, ma gli Stati Uniti – in quanto Paese che “rispetta la sovranità dei Paesi membri indipendenti delle Nazioni Unite” – non vogliono andarsene. In fin dei conti, con le buone o le cattive, li convinceranno.
Poi c’è la Libia: hanno distrutto uno Stato che, stando ai dati socio-economici, era il più prospero della regione: la benzina, l’istruzione, peraltro anche all’estero, erano quasi gratuite. E cosa ne è oggi della Libia? È molto difficile capire quale sia l’idea, quale sia l’intento che si sono prefissi. Ciò al momento è oggetto di discussione tra i politologi.
Ma persino Zelensky ha affermato che tutto questo sarebbe servito loro per i prossimi scambi di prigionieri. Così, ha detto, avrebbe catturato nuovi prigionieri mentre, allo stesso tempo, intendeva impossessarsi di chilometri e chilometri di territorio. È davvero un pensiero da ingenui.
Noi non trattiamo con nessuno dei nostri territori. E non svolgiamo negoziati per ciò che riguarda i nostri territori. Siamo pronti, invece, a discutere di come porre fine alle azioni criminali messe in atto dal regime di Kiev a seguito del colpo di Stato.
Il regime di Kiev prese a bombardare le sue stesse città perché i cittadini che vi risiedevano si erano rifiutati di riconoscere come legittimo l’esito del colpo di Stato.
Quei cittadini erano insorti per ribellarsi alla decisione, presa dai miliziani saliti al potere, di vietare l’uso della lingua russa in qualunque ambito della vita quotidiana. Furono quindi dichiarati terroristi. Per porre fine a tutto questo, ci offrimmo disponibili a svolgere dei negoziati, e quei negoziati li svolgemmo. Tali negoziati si conclusero con la ratifica degli Accordi di Minsk, ai quali però nessuno aveva davvero intenzione di adempiere, come hanno poi dichiarato pubblicamente. Volevano solo guadagnare tempo per poter rifornire il regime nazista di Kiev, che nel frattempo continuava a reprimere tutto ciò che era russo, di armi in quantità affinché potesse condurre una guerra contro la Russia. Per difendere non solo i diritti di quelle persone, ma anche la loro storia, il patrimonio tramandato loro dagli antenati, la loro lingua, religione e cultura, non potemmo fare altro che riconoscere la Repubblica Popolare di Donetsk e la Repubblica Popolare di Lugansk, e farci avanti in loro difesa, in risposta all’appello da loro rivoltoci e in conformità con l’Articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite. Ma fino a quel momento, noi eravamo disponibili a condurre negoziati. E appoggiammo le trattative che portarono, nel febbraio del 2014, alla ratifica degli accordi tra l’allora Presidente dell’Ucraina Viktor Yanukovich e l’opposizione.
Fu l’opposizione a stracciare tali accordi all’indomani, e ad orchestrare quel sanguinoso colpo di Stato. Se tali accordi fossero stati rispettati, adesso l’Ucraina si troverebbe ad avere i medesimi confini che aveva nel 1991, che è ciò che Zelensky tanto desidera. Anche la Crimea si troverebbe all’interno di questi confini se non ci fosse stato un colpo di stato.
Se, nel febbraio del 2015, le autorità al potere in Ucraina, assieme alla Francia e alla Germania che le appoggiavano, avessero rispettato gli Accordi di Minsk, l’Ucraina
si troverebbe ad avere i medesimi confini che aveva nel 1991, anche se, per ovvii motivi, senza la Crimea.
Se, nell’aprile del 2022, l’Ucraina avesse rispettato le condizioni sulle quali ci eravamo accordati a Istanbul, e non avesse dato ascolto all’allora Primo Ministro britannico Boris Johnson, che le aveva proibito di farlo, adesso, allo stesso modo, si troverebbe ad avere i medesimi confini che aveva nel 1991, ma ormai senza più la Crimea, e senza una parte significativa del Donbass.
Gli ucraini hanno dato prova ogni volta della loro assoluta incapacità al negoziato.
L’Occidente, invece, ha dimostrato che l’Ucraina gli serve soltanto per “fare danno alla Russia”, per arrecarci disagio e fare la guerra al nostro Paese. Ai Paesi occidentali non servono tutti quegli accordi.
Mentre ogni volta che gli accordi già siglati venivano sabotati, l’Ucraina andava incontro a perdite sempre maggiori. Un anno e mezzo fa il Presidente della Federazione Russa Vladimir Putin toccò la questione dei possibili negoziati, affermando che noi non eravamo contrari. È passato già molto tempo. E trascorsi sei mesi dall’inizio
dell’Operazione Militare Speciale, il Presidente Vladimir Putin ribadì che noi non eravamo contrari ai negoziati. Coloro che invece lo sono dovrebbero capire che, quanto più a lungo tergiversano, tanto più difficile sarà giungere a un accordo. A Istanbul, dopo meno
di un mese dall’inizio della nostra Operazione Militare Speciale, fu molto semplice arrivare a un accordo. Ma non era ciò che l’Ucraina voleva, perché il suo obiettivo, che era quello di portare la Russia allo sfinimento, non era stato pienamente raggiunto. Sono sicuro che non c’è niente da dire neppure sulla regione di Kursk.
Il 14 giugno 2024, intervenendo presso il Ministero degli Affari Esteri della Federazione Russa, il Presidente Vladimir Putin ha detto che siamo disposti a risolvere la situazione in base ai dati reali, quelli sul campo.
Nella Costituzione della Federazione Russa è scritto chiaro e tondo che, oltre alla Crimea, fanno parte della Russia anche quattro nuovi soggetti: le Repubbliche Popolari di Donetsk e di Lugansk, la regione di Zaporozhye e quella di Kherson. Non esiste alcuna possibilità di considerare un’adesione dell’Ucraina alla NATO. Non è solo una “linea rossa”: è un’impossibilità. Chi sta cercando di presentarci una “soluzione” – cioè, lasciare all’Ucraina quello che ha adesso, farla entrare nella NATO e tutto andrà bene – è un sognatore e un provocatore. La nostra posizione è chiara.
Ciò significa che se venissero rispettate queste condizioni, sarebbe possibile tornare sul tema dei negoziati?
Adesso di negoziati non se ne parla. Noi ormai ci siamo stancati di ripetere che il Presidente della Federazione Russa si è già espresso più volte in merito. E a chi fa dichiarazioni alludendo al fatto che la Russia “si starebbe tirando indietro” dai negoziati, mentre l’Ucraina sarebbe disposta a condurli, il Presidente Putin ha già suggerito molte volte che vadano loro stessi a dire a Zelensky (nei momenti in cui è padrone delle sue facoltà mentali) che revochi il suo decreto, con il quale ha vietato al suo Paese di condurre negoziati con la Russia.
Qualche giorno fa, c’è stato un Consiglio dei Ministri dell’Unione Europea. Nell’ultimo discorso, Josep Borrell ha detto che, per i negoziati, non c’è un’alternativa alla “formula Zelensky”. Pensavo avessero un minimo, almeno, di cognizione di causa, di comprensione su come condurre la politica in base alla realtà. Questo è un vicolo cieco. È chiaro che adesso Borrell vuole passare alla storia come il più grande russofobo d’Europa e lascia i suoi incarichi. O questo è dilettantismo, oppure è ormai follia e in Occidente la follia dei diplomatici e dei politici si è sostituita alla ragione.